Che fatica i nostri tempi!
Pigri e privi d’argomenti…
Tutto è svorto in superficie
Noia e tedio da cornice…
Ma in un posto sotterraneo
C’è ‘no spazio immagginario
Che s’esprime col cartaceo…
È ‘r pianeta letterario!
La tua vita, seppur vasta
Alla mente non je basta!
Tu sei in grado di viaggiare
Negli abissi o in alto mare
Scegli un libro che te ispira!
‘Na storiella che t’attira…
Un romanzo d’avventura
Nero, giallo o de paura!
Segui il corso de ‘na storia
Che apre porte alla memoria
Troverai le tue emozioni…
E avrai molte più intuizioni!
Vorrei dire a ogni bambino
De tene’ sotto er cuscino
Un bel libro de storielle…
E ogni notte avrà le stelle!
Vorrei dire all’omo adulto
Più schiacciato dar tumulto
De spazia’ co’ la sua mente…
Solo un libro è l’occorrente!
Non facciamo scappa’ via
Questa immensa fantasia
Che da sempre c’ha aiutato
E ‘l suo regno va sarvato!
bellissima!
grande …grazie
Grandissima marta!!!!!!!
Per favore ce una raccolta di queste poesie?
Molto molto molto bella
Marta dove si possono trovare le vostre opere, se sono raccolte in un libro o altro? Comunque è vero al giorno d’oggi i bambini non leggono più le fiabe che hanno fatto sognare noi, i ragazzi leggono solo gli sms che si scambiano tra loro e già è tanto se sfogliano qualche libro di scuola e nemmeno più di tanto perché ora in molte scuole si usano i tablet ed il loro cervello ragiona poco.
scavallato oggi ad una amica “L’armata perduta di Cambise ” 😛 ….MARTA BRAVISSIMA SEI GRANDE XDDDD
Marta quanta verità. Quando t’immergi nella profondità di un libro ti trasformi in un pittore che disegna con i colori della sua fantasia, la storia. Mi dispiace tanto non poterlo fare più come prima. Grazie a voi però questa lacuna è meno grande. Bravissimi poeti!
marta sei davvero grande e lo siete tutti voi ragazzi!e’ la mia pagina preferita la vostra..
Errata corrige: naturalmente volevo dire: i 32 versi…
Sinceramente non riesco davvero a capire il perché della scelta stilistica di quella che non definirei affatto “neodialettalità”, come molto generosamente viene fatto nei vostri confronti, ma molto piú semplicemente “non dialettalità”. Perché non scrivere in Italiano puro e semplice..? La differenza è ormai ridotta ai minimi termini. Siete, tutti quanti su questo sito, l’avveramento della cupa “profezia” del linguista Bruno Migliorini, che pronosticò il totale “disfacimento” del Romanesco nell’Italiano nell’arco di poco tempo, e, linguisticamente parlando, i circa 90 anni trascorsi da tale affermazione sono “poco tempo”. In meno di un
secolo il serbatoio lessicale, morfologico, sintattico di quello che era il dialetto Romanesco, sia pur con tutta la toscanizzazione propria alla sua “seconda fase”, si è – almeno
nell’espressione di chi si ritiene un poeta “territorialmente connotato” in senso romano – completamente prosciugato, e l’unica cosa che in questa sede vi riesce al di là di ogni dubbio, è di darne indiscutibile, per quanto involontaria, testimonianza. Eccolo qui, il “disfacimento”: nel titolo, l’unica “marca” dialettale è il pronome atono “te” in luogo di “ti”! E in tutti i 32 versi in cui si articola il componimento gli unici “sintomi” – mi viene di dire così, come se il dialetto fosse una brutta malattia cui far di tutto per scampare… – sono un paio di “r” al posto della “l”; l’aferesi “‘no” invece di “uno”; un paio di “er”; cinque occorrenze di “de”, anziché “di”; tre apocopi verbali, per di più indicate con l’apostrofo anziché con l’accento, come se non fossero che abbreviazioni dei corrispondenti verbi italiani (il che, dato il “tenore” linguistico del testo in questione è in fondo scelta ineccepibile…). E questa è tutta la “neodialettalità” di questa poesia, nonché di tutte le altre su questo sito. Di parole dialettali neanche a parlarne, e persino le pur orribili storpiature di quelle italiane sono scarsissime. Chi vi chiama “neodialettali” vi prende in
giro, o prende in giro sé stesso, o entrambe le cose. Voi siete “a-dialettali”, perché un dialetto non lo avete. Per voi esiste solo l’Italiano, in questa forma “bazzoffia”, e questa
sarebbe l’unica parola romana a comparire in questa pagina sempre che questo commento non venga (di nuovo) censurato…
Il dialetto dovrebbe essere scelto quale mezzo espressivo a fini artistici per poter permettere tanto a chi lo usa in prima persona quanto a chi fruisce dell’opera artistica di recuperare le proprie radici, di ritrovarsi in una lingua intima, familiare, “infantile”, impregnata dei ricordi della memoria ancestrale di un popolo, di risvegliare ricordi sopiti nell’abisso del tempo, riscoprire suggestioni ed emozioni dal sapore antico di solito sepolte sotto la spessa coltre artificiale della cosiddetta “civiltà” moderna… tutte cose di cui in questi componimenti scritti in questa lingua sciatta e trascurata, che riesce a esserlo tanto dal punto di vista italiano che da quello dialettale – il che, se non altro, costituisce “un primato”… – non v’è neanche l’ombra.
Saluti
tutte ste grandi parole sul dialetto a mio criterio sono fuori luogo la strada e un accademia non istituzionabile e il cuore non accetta regole al massimo se po da un diploma al dolore che trasuda da certe vere parole che vivano la poesia con la stessa semplicita che sognano un caro saluto a tutti